ROMA - Viviamo in un Paese decisamente curioso, originale, e la gestione degli stadi e dei tifosi che li frequentano ce ne dà continuamente prova. Prendete quello che sta capitando a Roma, stadio Olimpico: mentre in ogni angolo d’Europa si lavora affinché cadano le barriere e non ci siano ostacoli tra gli spalti e il campo, come accade da un bel po’ in Inghilterra, qui si aumentano i divieti, i frazionamenti, i provvedimenti. Alcuni realmente originali, come dicevamo, tipo multare di qualche centinaio di euro chi cambia di posto allo stadio: se pensiamo ai reati che rimangono impuniti ogni giorno, viene quasi da ridere.
C’è però un aspetto davvero inquietante in tutta questa vicenda, e riguarda la tendenza a colpire la moltitudine quando non si è in grado di punire pochi colpevoli. Se nelle curve ci sono anche delinquenti, siamo i primi a ritenere che debbano essere messi nelle condizioni di non recare danni alla collettività con interventi anche drastici. Ma non è normale, e non accade in alcun altro Paese, che per rendere inoffensivi dieci o cento soggetti pericolosi ne vengano penalizzati diecimila: sarebbe come se le autostrade venissero chiuse a milioni di automobilisti perché una manciata di pirati della strada non faccia danni. Oppure chi decide queste misure ritiene - e in questo caso sbaglia clamorosamente - che le curve siano popolate da una massa di malfattori anziché da studenti, operai, padri (e madri) di famiglia, insomma persone perbene?
Chiariamo: la posizione della Roma non è semplice. Ha bisogno del sostegno dei tifosi, ma non è nelle condizioni di forzare la mano alle autorità. Trovare una soluzione che soddisfi tutti, insomma, pare impossibile: servirebbero altri stadi e anche altre leggi. Ma non è più accettabile che la gente venga allontanata dal calcio, dalla propria passione, perché non si è capaci di rendere le curve un luogo vietato a pochi delinquenti.