di Attilio Crea
ROMA - Il proprio destino impresso sul polso, un ideogramma cinese che significa acqua, due segni evocativi nella simbologia occidentale: 1K. Uno sta per primo, vincente. Kappa è l’iniziale del suo cognome. Lei è Ranomi Kromowidjojo, olandese dalle origini che si perdono nel tempo e nello spazio, campionessa olimpica per ben tre volte di cui una a Pechino (con la staffetta) e due a Londra.
Specialista della velocità, 50 e 100 stile libero le sue gare, protagonista nel Dream Team olandese, la 4x100 sl con la quale ha vinto tutto e ha migliorato per due volte il record del mondo.
Papà del Suriname, nonni indonesiani, di Java, Ranomi porta sul volto e sulla pelle le sue origini orientali ma si sente profondamente olandese. E nei Paesi Bassi la sua popolarità è in continua ascesa, soprattutto dopo il doppio oro olimpico di Londra.
Quasi 90.000 follower su twitter, di recente un magazine ha pubblicato i risultati di un sondaggio secondo il quale i due sportivi più amati al momento in Olanda sono Robin Van Persie e Ranomi Kromowidjodjo.
Fidanzata con un’altra leggenda del nuoto orange, Pieter Van den Hoogenband, Ranomi adora l’Italia e Roma, la settimana scorsa era al centro federale di Ostia ad allenarsi, e nel week end ha partecipato al Trofeo Settecolli. È lì che l’abbiamo incontrata.
Ranomi, lei ama l’Italia, studia la nostra lingua e quando può viene qui asd allenarsi. Cosa le piace dell’Italia?
«Prima di tutto mi piace nuotare qui, sento che c’è amore per il nuoto e l’organizzazione delle competizioni è buona, c’è una bella atmosfera. E poi adoro Roma e il cibo italiano».
Ha un tatuaggio sul polso che significa acqua in cinese. Cosa rappresenta l’acqua per lei?
«Tutto, è il mio elemento, è fondamentale per la vita. E poi in quell’ideogramma c’è il numero uno e la kappa. Mi rappresenta in pieno».
Quando ha realizzato che sarebbe diventata una campionessa?
«Ho cominciato a nuotare molto giovane, vinsi una medaglia agli Europei giovanili del 2005 e una nel 2006. Allora ho pensato che potevo diventare una nuotatrice professionista».
Allora immaginava che avrebbe vinto una medaglia all’Olimpiade?
«Non lo immaginavo, forse lo sognavo. Ero giovane e non avevo tanta voglia di allenarmi. Naturalmente i miei idoli erano atleti come Pieter van den Hoogenband o Inge de Bruijn. Allora non sapevo che sarei diventata come loro».
Suo padre nato in Suriname, i suoi nonni originari di Java, lei si sente più olandese o cittadina del mondo?
«Mi sento olandese, parlo olandese, i miei genitori mi hanno insegnato che sono olandese ma anche influenzata dal Suriname e dall’Indonesia. Non solo per il look o per il nome, ma anche per la flessibilità. Gli indonesiani sono particolarmente flessibili».
Suo padre era uno sportivo?
«Sì, faceva karate. Ora lo insegna. Da piccola ho dovuto scegliere tra il karate e il nuoto. Ho scelto il nuoto, per fortuna».
È mai stata nei suoi Paesi d’origine?
«Una volta in Suriname, in Indonesia mai» .
Ha visto il match del Mondiale tra Olanda e Spagna?
«Certo, lo abbiamo visto con la squadra, nessuno si aspettava quel risultato. So che in Olanda sono tutti impazziti. Il calcio da noi è lo sport principale».
Lo sa che lei e Van Persie siete gli atleti più popolari in Olanda?
(ride) «No, lui lo è più di me! »
Ma lei è amatissima.
«Sì, non è una cosa che ho scelto, ma posso conviverci. Da noi non è come in Italia. Posso uscire, andare a fare la spesa, in bici o in treno. Non ci sono paparazzi».
Per Federica Pellegrini non è esattamente lo stesso.
«Lo so, ma penso che Federica in Italia sia più popolare di quanto non sia io in Olanda».
Lei come Federica ha scelto di non andare ad allenarsi all’estero, negli Stati Uniti o in Australia.
«No, preferisco stare nel mio Paese, con le mie comodità e un giusto equilibrio tra il nuoto e la vita privata. Non c’è motivo per me di andare all’estero».
Lei si allenava con Jacco Verhaeren, il tecnico che seguiva Pieter Van den Hoogenband.
«Jacco ora si è trasferito in Australia e forma gli allenatori. Io ne ho uno mio e Jacco mi segue da lontano. È il miglior tecnico al mondo».
Ma non le ha chiesto di andare in Australia?
«No, per fortuna no...».
Da quando è fidanzata con Pieter van den Hoogenband lei ha vinto tanto. Lui le dà dei consigli?
«Non si comporta come un allenatore e non viene ai miei allenamenti. Ma lui sa come ci si può sentire vincendo o perdendo, quando si è stanchi o si devono affrontare le gare o i media. Quando siamo a casa mi da consigli. Io non sempre li seguo ma qualche volta mi sono utili».
Qual è stato il momento peggiore nella sua carriera?
«Quattro anni fa quando contrassi una meningite durante un collegiale a Tenerife e fui costretta a saltare gli Europei di Budapest. Fui ricoverata in ospedale e temetti di non poter tornare a nuotare».
E la gioia più grande?
«A Londra, le due medaglie olimpiche».
Il sogno?
«Vincere anche a Rio 2016»
Lei sorride tanto, sembra essere una persona positiva. Da dove le viene questa attitudine?
«Dai miei genitori, dalla mia famiglia. Sono loro che mi hanno trasmesso il sorriso».