Ernesto Alicicco tra calcio e medicina

Alicicco lo storico medico della Roma, racconta la sua esperienza e commenta così l’iniziativa sport e ricerca dell’Università Niccolò Cusano: “fate benissimo a comunicare queste tematiche perché a volte si commettono gravi errori”
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«Il corpo di un calciatore è come un’auto di Formula Uno ma bisogna avere cura di rifornirlo con la benzina “buona” tre ore e mezza prima della gara». Questo il primo consiglio del professor Ernesto Alicicco, ex portiere della Lazio negli anni ’50 e per oltre vent’anni, da Falcao a Totti, medico sociale della Roma. A lui abbiamo chiesto di parlarci di sport e alimentazione, nell’ambito del progetto di comunicazione promosso dall’Università Niccolò Cusano  sulle pagine del Corriere dello Sport-Stadio e attraverso Radio Cusano Campus (89.1 Fm a Roma e nel Lazio, in streaming su www.radiocusanocampus.it).

Professore, qual è la corretta alimentazione del calciatore?

«Senz’altro deve essere un’alimentazione completa, tenendo conto degli impegni e del dispendio energetico, a seconda che ci sia una partita o un certo tipo di allenamento. Tre ore e mezza prima della gara occorre riempire il “serbatoio” di benzina vera: pasta, riso e dolci, che in quel periodo di tempo si riescono a digerire consentendo di depositare glicogeno sia nel fegato sia nei muscoli».

A livello amatoriale, quali sono gli errori più diffusi?

«Mangiare troppo a ridosso dello sforzo fisico significa scendere in campo con i due terzi del sangue circolante impegnati nella digestione e non nei muscoli, dove dovrebbe trovarsi in quel momento. Questo aumenta il rischio di crampi, strappi e stiramenti. Partite e allenamenti vanno affrontati possibilmente a stomaco vuoto, dopo essersi riforniti debitamente tre ore e mezzo prima. Dopo lo sforzo, invece, si possono assumere più proteine».

L’Università Niccolò Cusano  promuove una campagna di sensibilizzazione che ha toccato l’alimentazione. Quanto è importante insistere su questi temi?

«Fate benissimo, perché spesso si commettono errori madornali. Un’altra cosa da prendere in considerazione è il reintegro idrosalino. Quando c’è molto caldo, o negli sport indoor, ci si disidrata facilmente. Sono importanti i “pit stop” per reintegrare i liquidi».

In tanti anni di calcio, lei ha assistito alla mutazione del fisico dei giocatori. Che cosa è cambiato?

«Oggi si pensa molto a potenziare il fisico. Quando giocavo io, negli anni ’50, la palestra non si faceva per niente e non eravamo seguiti in questo modo così capillare. Aggiungo che oggi la corretta alimentazione, insieme all’allenamento e al riposo, è uno dei cardini per tenere gli atleti lontani dal doping».

Qual è l’allenatore con cui ha lavorato che chiedeva maggiore attenzione?

«La risposta è troppo facile: chi prestava un’attenzione particolare all’alimentazione, da buon professore di educazione fisica, era Zeman».

Pruzzo, Conti, Falcao: negli anni ’80 ha avuto a che fare, anche a tavola, con i campioni della Roma del secondo scudetto. Quali erano le regole più difficili da far “digerire”?

«Quando cominciai a imporre un’alimentazione dosata in base agli impegni qualcuno dovette buttare giù qualche boccone amaro. Devo dire che Falcao si adattò benissimo alla nostra dieta, che naturalmente era molto amata anche da Bruno Conti. Il segreto è dare sempre la possibilità di scegliere tra diverse portate, perché anche il gusto è una componente importante dell’alimentazione».

Quali erano, a tavola, i vizi più difficili da contrastare?

«La carne prima della partita. Un giocatore smise di mangiarla solo dopo aver vomitato in campo, durante una partita. Poi, c’era gente come Cerezo che diceva che se non mangiava una bistecca con sopra un uovo non riusciva a giocare».

E Totti a tavola com’era?

«Fin da giovanissimo Francesco era molto disciplinato. A lui piace la cioccolata, ma, quando la mangiava, sapeva di dover rinunciare a qualcos’altro».

Dopo la Roma è stato a Brescia con Mazzone e Baggio. Il buddhismo influiva sul suo regime alimentare?

«Baggio era rispettosissimo delle regole e la sua religione lo spingeva a propagandarle anche tra i compagni».


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