Lazio, confronto tra Tudor e la squadra: cosa si sono detti

Ieri il faccia a faccia con il gruppo: un forte richiamo ai doveri per chiudere al meglio la stagione
Daniele Rindone
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Roma - Tudor nel tritacarne di Formello. Finite le presentazioni, conclusi i riti preparatori del cambio di panchina, spente le luci della luna di miele, il tecnico croato ha inaugurato la serie di test e quiz psicotattici con lo spogliatoio della Lazio, una pentola a pressione. Toccano a tutti prima o poi. Il confronto tecnico-squadra di ieri a mezzogiorno, svolto alla ripresa, è servito per provare ad addomesticare le prime opposizioni interne richiamando tutti ai propri doveri. «Voglio di più da tutti», il senso dell’intervento di Tudor. Si trova a gestire le ribellioni di Monza e ad allenare nell’inquietudine di chi non si sente utilizzato come vorrebbe e di chi ha capito di non essere giudicato adatto al progetto. Igor ha scelto di essere il più possibile conciliante, meglio non accentuare la figura dell’indigesto capoclasse. Più che un contraddittorio è stato un assolo, non un duello personalistico, necessario per provare a motivare una volta di più tutti e per non chiudere il campionato in flessione. La resa dei conti avverrà dopo il 26 maggio.  

Lazio, il clima

Quarantanove giorni dopo il primo allenamento, Tudor si trova a far fronte all’animosità di uno spogliatoio rovente e impaziente, all’irritabilità crescente (solo placata dall’addio di Sarri) e ai primi giudizi societari. A Monza, con il cambio di Zaccagni, Igor si è esposto da solo al ludibrio interno ed esterno. Ci sono state colpe evidenti, ma a Formello per dissipare la noia che incombe quando le cose vanno più o meno bene nascono spesso casi che agitano la realtà e il futuro. La scelta di Tudor, nelle idee di Lotito e Fabiani, era stata fatta per preservare il meglio del passato ed eliminare il peggio della gestione precedente. Molte seccature sono rimaste, tra tutte le ribellioni ai cambi, non solo classiche reazioni umane. «La Lazio prima del singolo», ripete il diesse Fabiani. Le prediche sono disattese. 

Lazio, gli scenari

Cosa sarà della Lazio lo dirà innanzitutto il campo. Come nascerà il futuro dovranno dirlo la società e Tudor, se si comprenderanno su chi tenere e non, su chi comprare. Al tecnico è stato chiesto di stilare le “pagelle” dopo il mese e mezzo vissuto in panchina, di indicare promossi e bocciati per il suo calcio. «Molti possono farne parte», ha detto e ripetuto pubblicamente. Tra chi non rientra ci sono Rovella e Isaksen, due tra gli investimenti più pesanti affrontati dalla società in estate. A fine anno toccherà a Lotito decidere il da farsi, non può continuare a svalutare acquisti e investimenti. Tudor spera di ricevere rinforzi adatti alla sua idea di calcio. Presto potrebbe accorgersi che il mercato sarà condizionato da qualche cessione, che servirà una stretta sugli ingaggi in base al traguardo raggiunto e ai paletti Uefa che scatteranno nel 2024-25 (gli ingaggi non potranno superare l’80% di spesa). Lotito vanta sempre il record di presidente antiesonero. Alla cacciata, si sa, preferisce l’autorinuncia. Qualcuno ha salutato in autonomia e ha tolto il disturbo. Ma non è sempre domenica. 


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